Protesi del ginocchio
Tra le principali indicazioni della chirurgia protesica del ginocchio troviamo l’artrosi, patologia che si contraddistingue per una degenerazione cronica e progressiva della cartilagine che riveste femore e tibia. Spesso, è coinvolta anche quella della rotula.
- Anche nel caso del ginocchio si può parlare di:
- Artrosi primitiva,patologia che colpisce generalmente tutti i settori del ginocchio. La degenerazione articolare può riguardare anche altri distretti del corpo, come per esempio le mani. Tornando al caso specifico del ginocchio, ricordo che può avere un ruolo preponderante l’eccessivo carico articolare dovuto al sovrappeso.
- Artrosi secondaria, ossia una situazione patologica in cui la degenerazione articolare coinvolge una determinata parte dell’articolazione. In questo frangente, tra i fattori scatenanti è possibile includere traumi come fratture articolari e rottura inveterata dei crociati. Da non dimenticare sono anche le problematiche insorte in seguito all’esecuzione di interventi chirurgici con approcci tecnici non all’avanguardia. Più rari ma comunque esistenti sono i casi di artrosi secondaria causata da patologie di natura dismetabolica.
In entrambi i casi, ad allargare il quadro intervengono deformità come il varismo e il valgismo del ginocchio. A seconda dei compartimenti articolari coinvolti dalla degenerazione cartilaginea, la protesi al ginocchio può essere:
- Totale
- Monocompartimentale
La protesi monocompartimentale al ginocchio prevede un approccio conservativo particolarmente vantaggioso per il paziente. L’atto chirurgico è infatti contraddistinto da una minor invasività, a partire dall’incisione. In virtù della minor perdita ematica, è decisamente bassa la frequenza di auto trasfusioni. Da citare è anche il sacrificio più contenuto di tessuto osseo, che consente di sperimentare un minor dolore peri e post operatorio, il che si traduce in un recupero più rapido.
Ad essere risparmiato è anche l’apparato legamentoso, per non parlare dell’articolazione femoro-rotulea. Questo approccio, oltre ai vantaggi sopra ricordati, garantisce anche un minor rischio di trombosi venosa e sepsi. In virtù della mancanza di offesa al tessuto osseo, è possibile utilizzare il polietilene per la componente tibiale dell’impianto protesico.
Tecnica più complicata rispetto a quella di impianto della protesi totale al ginocchio, richiede un’accurata selezione del paziente. Tra le indicazioni elettive principali ricordo:
- Artrosi monocopartimentale contraddistinta dal mancato coinvolgimento del comparto controlaterale
- Mancanza di dolore a riposo
- Assenza di lassità anteriore
- BMI < 32
Per quanto riguarda l’età, l’indicazione elettiva principale prevede che il paziente abbia superato i 60 anni. L’impianto sotto questa soglia anagrafica è comunque possibile. Si tratta però di casi legati agli esiti poco positivi di osteotomie, alla frattura del piatto tibiale, ma anche a interventi chirurgici non andati a buon fine.
Il percorso di riabilitazione è fortemente influenzato da fattori come:
- Età del paziente
- Tipologie di protesi
- Precedenti storie di chirurgia al ginocchio
- Stato di salute generale
Dal giorno stesso dell’intervento si inizia con la mobilizzazione passiva assistita del ginocchio (fisioterapista/Kinetec) e già dopo un paio di giorni, si dà il via a esercizi mirati al rinforzo muscolare e, con il tempo, procedere a un incremento progressivo del range di movimento del ginocchio. Inoltre, già dal giorno successivo all’operazione è possibile iniziare a camminare, ricorrendo ad ausili come le stampelle o il deambulatore.